Cosa succede quando parliamo con un’altra persona? Cosa accade quando comunichiamo e soprattutto non riusciamo a farci capire dall’altro o non riusciamo a capire l’altro? Fondamentalmente, dal mio punto di vista, ci sono molte cose che accadono quando si comunica di cui spesso non ci rendiamo conto. E ci sono allo stesso tempo tante cose che non accadono ma dovrebbero succedere per avere una comunicazione sana, un “incontro” genuino con l’altra persona. Ecco questo è l’argomento di quest’articolo e dei successivi due che riportano quelli che sono secondo me i principi base della comunicazione. Principi che si possono applicare sia alla comunicazione dal vivo o da remoto (vedremo come in altri articoli) e che hanno dei corollari che servono a precisare degli aspetti di ognuno e fanno da antidoto alle nostre aspettative sui risultati della comunicazione. Iniziamo dal primo.
Primo Principio
Il significato della tua comunicazione è dato dalla risposta che ottieni e dai fatti che accadono dopo.
Comunichiamo con l’altro per scambiare punti di vista e per cercare di condividere, influenzare e manipolare il punto di vista della totalità dell’altro. Si comunica per far sì che si abbiano dei risultati visibili all’esterno come azioni dell’altro o come cambiamenti di pensiero che cambieranno il corso successivo delle azioni altrui. Comunichiamo per far fare qualcosa e a volte fare noi qualcosa: dal mettere in ordine i pensieri a fare cose. Quindi come possiamo valutare la nostra comunicazione se non banalmente da cosa suscita nell’altro. Se la nostra comunicazione porta ai risultati che ci attendevamo siamo stati bravi altrimenti abbiamo sbagliato qualcosa e ci tocca o ricominciare da capo o cambiare interlocutore (come nel caso di una vendita non chiusa). E se non riusciamo a “far passare” il messaggio all’altro cosa succede? Ecco il primo corollario al principio 1.
Corollario 1A
Non c’è fallimento, solo risposte, fatti che accadono.
Non ci sono fallimenti solo fatti e azioni conseguenti alla comunicazione. Fatti (parole, gesti, azioni, comportamenti, atteggiamenti) più o meno in linea con le nostre attese. Il problema è che quando comunichiamo ci creiamo delle attese perché molto spesso la comunicazione non include una parte molto importante. quella dell’ascolto dell’altro. Parliamo da soli e ci “tiriamo” addosso monologhi.
Una comunicazione sana non dovrebbe avere come fine il convincere o manipolare ma il manifestare e condividere punti di vista.
Da venditore, quando ho imparato a non voler più vendere ma a pensare se volevo lavorare con quella persona, se mi avrebbe creato problemi, quasi sempre sono riuscito a comunicare con il mio interlocutore, e anche a vendergli qualcosa di cui aveva realmente bisogno. Non è importante chiudere una trattativa a tutti i costi ma chiudere quelle trattative che ci permetteranno di generare un valore positivo per tutti. Questo vale per qualsiasi cosa sia oggetto di compravendita. Si può anche vendere manipolando, ma dalla mia esperienza, si può farlo massimo un paio di volte, alla terza la persona a cui si è fatta una “vendita di forza” avrà gli anticorpi alle vostre tecniche manipolatorie e soprattutto vi rovinerà la reputazione (parleremo di ciò in dei prossimi articoli). Da questo deriva il corollario 2.
Corollario 2a
Mai dare risposte non richieste.
Questo corollario è molto importante. Dare risposte non richieste significa, quando si comunica, non fare la Cassandra. Non si può mai anticipare nulla all’interno della conversazione al proprio interlocutore. Pena rompere la connessione con lui. In una conversazione sana con una persona, ogni idea, ogni informazione che si vuole comunicare deve essere condivisa e partecipata. Facciamo un esempio. Siete in vendita, avete davanti un possibile cliente (prospect per gli anglofili), siete bravi o esperti, e avete già individuato il bisogno, lo strumento di cui ha un disperato bisogno la persona che avete di fronte ma lui non ne ha ancora coscienza. Cosa fate? Gli spiattellate tutto subito o lasciate che lui prenda coscienza della cosa o esercitate una “spinta gentile” (vedasi la nudge theory per i dettagli)? Vedete Voi. Per esperienza fare i “fighi” e anticipare i “tempi” non vi farà chiudere un contratto, metterà solo paura. Questo vale in ogni forma di comunicazione, nessuno può fare da sostituto di coscienza e conoscenza al posto dell’altro. Vale sempre, per me, nel parlare con amico, un figlio, un collaboratore. La struttura dell’esperienza soggettiva di ognuno per diventare un fatto accaduto ha sempre, per me, bisogno di dei gradini prestabiliti: coscienza, conoscenza e consapevolezza. (li vedremo in un altro articolo) Non c’è una vera esperienza, non c’è scelta consapevole che non segue questi passi: dallo scegliere cosa mangiare a comprare una casa. Limitatevi quando comunicate a dare delle “bottarelle” alla coscienza dell’altro, se saranno rose fioriranno. Accettatelo, per esperienza vi risparmierete tanti problemi, conflitti e attese disattese.