Il Maestro e l’Amico – Parte 1

il maestro e l'amico parte 1

Quando mi sento solo, stremato, con la mia volontà e le mie forze ormai scemanti,

vorrei accanto una figura che tutto mi insegni, un maestro lì pronto a confortarmi.

Una persona rispondente a ogni domanda, fatta di insegnamenti non solo imperanti,

che alfine sia soprattutto un’amicizia che mi guidi, sappia spronarmi, incoraggiarmi.

21.

La volontà di mutare, di evolvere la propria interiorità ed esteriorità sul cammino sulla strada del cambiamento, porterà all’incontro con figure capaci di condividere e trasmettere la propria esperienza, il proprio sapere: con dei maestri, se si è fortunati con uno solo, capaci di fungere da guide e anche da amiche. Un vero maestro è la persona che si presenta, non nelle parole, ma nei gesti e nelle azioni come colui il cui personale cammino sulla strada del cambiamento lo avrà portato a possedere già un’interiorità pacificata. Una simile figura, il maestro, non va né ciecamente venerata né considerata infallibile, esente dall’errore e dalla capacità di commetterlo, ritenuta in grado di dare e di possedere le risposte ad ogni domanda. Un maestro va soprattutto ascoltato e seguito solo per ciò che di giusto vi è in esso, nelle sue parole ed azioni, ma anche confutato e respinto in ciò per cui sbaglia. Un maestro non è colui che sembra possedere tutte le risposte, ma colui che è capace di formulare le giuste domande verso sé stesso e verso gli altri.

22.

Ogni persona incontrata sul proprio cammino sulla strada del cambiamento che amerà presentarsi e definirsi maestra, che cercherà spesso solo di ricreare in un altro soggetto una copia di sé stesso, della sua interiorità, è quanto più ci possa essere di lontano dalla figura di un vero maestro. Questo genere di persone, di falsi maestri, al massimo sono da considerarsi solo come vuoti contenitori della propria esperienza esistenziale, incapaci di comprenderla e di trasmetterla, ma abili solo a copiarla, a riversarla sull’altro senza richiedere ad esso alcuna personale meditazione. Tali persone pretendono ottusamente di essere sempre e comunque nel giusto, di conoscere la verità assoluta per quanto riguarda la parte di verità da essi conosciuta ed insegnata. Per essi l’insegnamento è identificato con il generare cloni di sé privi di personale iniziativa e vivacità esistenziale, tutto ciò, poiché incapaci nella loro ristretta visione delle cose, degli eventi di afferrare la singolarità, l’irripetibilità, la particolarità che si cela nell’esperienza esistenziale di ognuno. Un vero maestro non pretenderà mai di dire a nessuno chi o cosa debba essere, come unicamente debba fare o non fare alcunché, ma farà principalmente in modo che il proprio allievo impari come vuole cosa sceglie di apprendere e si senta mosso ad essere e ad agire in ogni situazione come meglio valuta e crede.

23.

Il falso maestro si presenterà sempre come una persona per cui la verità e la maniera di percorrere il proprio personale cammino sulla strada del cambiamento vada considerata non discutibile ed inequivocabilmente come l’unico modo possibile. Una persona per cui il proprio percorso esistenziale è già in un certo senso terminato, completo, concluso, incapace di essere arricchito da nuove esperienze capaci di portare al proprio ulteriore mutamento, alla conquista di nuovi sogni e mete. Una persona simile è un essere che si è già spento nella propria esistenza, incapace di comprendere che il proprio cammino sulla strada del cambiamento lascia sempre aperta davanti a sé la possibilità dell’inaspettato, che esso è terminato solo alla fine dell’esistenza, spesso non per reale completezza, ma solo per cause di forza maggiore indipendenti dalla propria volontà. Il falso maestro è l’essere fissato nella propria esistenza incapace di dialogare più con essa, con sé stesso e con gli altri.

24.

Quando si sia trovata sul proprio cammino sulla strada del cambiamento una figura rispondente ad un vero maestro, che ne possieda i requisiti, l’unica forma di comunicazione che può mettere in contatto reciproco e non unilaterale allievo ed insegnante è il dialogo, unico mezzo capace di accrescere un’interiorità, di istruirla a pensare nella propria maniera, e a giungere alla comprensione di un contenuto con le sole proprie forze. Solo attraverso la comunicazione di tipo dialogico si può avere la trasmissione necessaria e sufficiente all’apprensione di un qualsiasi contenuto di cui il maestro voglia rendere partecipe l’allievo. Solo dialogando si può apprendere qualcosa in maniera realmente sentita e onnicomprensivamente compresa e conosciuta, apprendendo ciò che viene comunicato in un modo che rispecchi la sua originaria completezza e non imparandolo, mandandolo giù a memoria e malamente, nella pedissequa imitazione del maestro, scimmiottando il possesso di una vera conoscenza.

25.

L’apprendimento di un qualsiasi contenuto, dell’esperienza esistenziale acquisita e comunicata all’allievo dal proprio maestro sul suo personale cammino sulla strada del cambiamento, implica oltre che la sua comprensione e la sua meditazione, l’esercizio nell’applicazione di esso. Implica che il contenuto esperienziale venga reso una propria esperienza attraverso la sperimentazione delle conseguenze ad esso legate sulla propria interiorità, sul proprio cammino. Solo così l’esperienza comunicata e il concetto ad essa legato potranno essere appieno padroneggiati e resi fino in fondo un possesso personale a sua volta ritrasmissibile da allievo in allievo. L’esperienza e la conoscenza del proprio maestro, a riguardo di un contenuto appresso sul suo cammino sulla strada del cambiamento, non deve e non può mai sostituirsi a quella personale del discepolo acquisibile solo attraverso l’esercizio e la prova di esso su di sé. L’esistenza non è qualcosa che si può solo imparare dagli altri, dalle loro semplici parole, ma qualcosa da sperimentare sulla e nella propria interiorità.