I Tre Momenti dell’Esperienza Soggettiva

esperienza soggettiva

Come prendiamo consapevolezza delle esperienze che facciamo ogni giorno? Quali sono i momenti in cui si articola la presa di coscienza di un contenuto esperienziale, di una necessità per ciascun di noi? A queste domande cercherò di fornire delle risposte dal mio punto di vista in questo articolo.

Per me l’esperienza soggettiva passa attraverso tre momenti che sono tre gradini per arrivare a padroneggiare un contenuto esperienziale, a formarsi nuove abitudini (da habitus in latino aspetto).

Questi tre momenti sono la coscienza, la conoscenza e la consapevolezza. Giunti alla consapevolezza un evento, un contenuto esperienziale o una capacità diventano abitudini, strategie automatiche di cui l’esecuzione diventa inconscia non richiedendo più l’attenzione della nostra parte conscia, un nuovo “vestito” per il proprio sé.

La Coscienza

Cos’è per me la coscienza? La coscienza dal mio punto di vista è quella sensazione vaga e non descrivibile che c’è un qualcosa che ci sfugge. La coscienza è il “sentire” senza poter argomentare precisamente che c’è un bisogno, che qualcosa ci è nascosto ma c’è, che qualcosa non è presente nella nostra vita ma non riusciamo a capirlo o a metterlo a fuoco. Tutto va forse bene ma non benissimo. Facciamo un esempio. Siete appassionati di corsa, iniziate a correre per distanze maggiori e più volte alla settimana. Iniziate a percepire che le vostre abituali scarpe da ginnastica che usate in palestra non sono lo strumento giusto per continuare a progredire nel vostro allenamento. Iniziate ad avere coscienza che per fare un’esperienza migliore, per progredire avete bisogno di uno strumento ad hoc. Ecco questa è la coscienza: iniziare a percepire che per fare delle nuove esperienze vi servono dei nuovi strumenti. La coscienza è quella “vocina” nella testa che vi dice: “Ehi qualcosa non va! Se vuoi migliorare, se vuoi stare bene o meglio devi cambiare qualcosa.” La presa di coscienza, perché quella sensazione va afferrata, inizia il processo di cambiamento, ci porta fuori dalla cosiddetta “zona di comfort”, accende una luce in noi, ci sprona a evolverci. Cosa fare con questa voce della coscienza? Si possono fare due cose. La prima è non ascoltarla. Torniamo all’esempio delle scarpe da corsa. Le mie scarpe abituali iniziano a procurarmi dolori articolari, mi si infiamma qualcosa e allora mi “racconto” che non sono fatto per correre, la corsa non fa per me e me ne torno nella mia zona di confort. Fondamentalmente non ascolto la coscienza che mi dice che per fare nuove esperienze devo arricchire la mia mappa del territorio come direbbero in PNL (io preferisco dire che non accedo a una linea temporale alternativa, diminuisco le probabilità che un evento accada). Torno alla mia solita vita. La seconda scelta è invece ascoltare quella voce, inizio un processo che mi porta a capire cosa la mia coscienza mi vuol dire e come posso tradurre questa sensazione in un arricchimento della mia mappa. Mi chiedo come la coscienza possa farmi accedere a nuove realtà e inizio a farmi delle domande. Inizio un processo di espansione della mia conoscenza.

La Conoscenza

Torniamo al nostro esempio delle scarpe da corsa. Mi sto appassionando a correre sempre di più. Mi accorgo, prendo coscienza, che le mie scarpe non mi possono più accompagnare in questo processo e inizio a farmi delle domande? Si la coscienza porta a delle nuove domande che ci fanno accedere a nuovi livelli di realtà ed esperienza. E cosa si fa quando si hanno delle domande? Si cercano delle risposte. Le risposte sono fondamentalmente conoscenza o meglio si accede alle esperienze di altre persone che si sono fatte già le nostre domande, si condivide parte delle loro vite. Dal mio punto di vista in un percorso esperienziale ognuno di noi ripercorre il cammino fatto da qualcun altro la maggior parte delle volte. In alcuni rari casi un soggetto può essere il primo a farsi una nuova domanda e allora si ha un genio creativo. Condizione rara ma possibile. Gli esempi nella storia dell’umanità sono molteplici. Okay torniamo alle nostre scarpe. Mi informo, inizio a leggere su internet, chiedo ad amici, mi reco in un negozio specializzato: mi sbatto per capire come risolvere un mio bisogno. Perché la presa di coscienza è fondamentalmente l’espressione di un bisogno. La conoscenza è invece la presa di coscienza di un problema da risolvere.  La conoscenza ci serve a vedere un fatto come un problema da risolvere fatto di tanti step che ci devono portare a una soluzione. La soluzione è il palesarsi di una scelta, significa andare a comprarsi un nuovo paio di scarpe. La scelta è consapevolezza.

La Consapevolezza

Mi sono informato, ho letto articoli sulle migliori scarpe da corsa, sono andato in negozio e ho provato alcune paia di scarpe. Ho scelto modello e cerco il miglior prezzo possibile online o in negozio e magari scelgo di comprarle non dove c’è il miglior prezzo ma dalla persona che mi ha aiutato a formare in me la consapevolezza della soluzione giusta per me (questo è quello che dovrebbe fare un buon venditore o coach). Quindi faccio una scelta, compro le mie scarpe e il giorno dopo inizio a correrci e mi accorgo che con le nuove scarpe corro “meglio”. Ho ascoltato la mia coscienza e accedo a un nuovo livello di esperienza. Faccio l’esperienza del correre a un nuovo livello e magari poi mi accorgerò, prenderò coscienza, che mi servono abiti specifici per correre in primavera o estate, che devo oltre che correre cambiare le mie abitudini alimentari. Da un paio di scarpe cambia tutta la mia vita. Un cambiamento tira l’altro e magari inizio a frequentare un club di corridori, conosco gente nuova. La mia vita cambia sotto tanti aspetti. Accedo a una realtà alternativa e tutto per un paio di scarpe, o meglio per la mia presa di coscienza che qualcosa può essere fatto diversamente. La consapevolezza è questo, un percorso che porta al fare e che passa dal prendere coscienza di un bisogno, sbattersi per acquisire la conoscenza e poi mettere alla prova le nuove conoscenze. Un processo che può cambiarci la vita in maniera inaspettata e imprevedibile. C’è anche chi si ferma ad acquisire nuove conoscenze ma poi non fa, non si mette alla prova. Compra le nuove scarpe ma non le usa. L’esperienza è completa solo con il fare. La consapevolezza è fare. Come dice il detto “chi sa fare fa e chi non sa fare insegna”.

Conclusione

Tutte le esperienze che facciamo, dal mio punto di vista seguono questo percorso che passa da coscienza, conoscenza e consapevolezza. Tutto quello che si fa segue questo percorso, dalla scelta di cosa mangiare a pranzo, di come vestirsi, del proprio partner o di un oggetto che compriamo.

Nota per i venditori: nei corsi di vendita insegnano a cercare di dare soluzioni ai problemi dei clienti. La domanda che mi faccio è: “Si può dare soluzioni a problemi di cui si non si ha coscienza?” Secondo me no. Da venditori cercate prima di capire il livello di coscienza della persona che avete davanti rispetto al prodotto che vendete e poi impegnatevi nella trattativa e poi nella negoziazione. Non iniziate trattative con persone che non hanno coscienza di cosa vendete e soprattutto non sono aperte ad ascoltarvi. Vi risparmierete tempo e tanti no.

Fare esperienza significa fare, ma tutto parte dalla coscienza. Senza una domanda non c’è una risposta. Il mio consiglio è siate curiosi e fatevi tante domande. Può essere doloroso a volte ma dal mio punto di vista siamo qui per fare non per vivere beati e sereni. Il giardino dell’Eden è ormai lontano e forse ci aspetta in un’altra vita per chi è crede nel Trascendente.