Il Cambiamento – Parte 1

Lotto, mi batto con me stesso, mi affronto,mi odio, voglio cambiare, mutare,

lo vedo il mio sogno, ciò che potrei volendo diventare, la vita per me che attende.

Scopro che solo prendere coscienza di ciò che sono in questo mi può aiutare

e inizio con il primo passo di un cammino su una strada dura e buia che ascende.

1.

Per essere in pace con sé stessi e giungere a padroneggiare la propria interiorità, bisogna guardarsi dentro senza distogliere lo sguardo. Il guardasi dentro implica prendere coscienza della propria realtà esistenziale; ciò può portare a voler distogliere lo sguardo, poiché il panorama mirato potrebbe essere diverso da quello immaginato; ci si potrebbe scoprire altro dalla persona che si pensa e si vorrebbe essere, ma questo del riconoscimento della propria condizione è solo il primo passo di un vero cambiamento. Solo quando si prende coscienza della propria realtà esistenziale oggettivamente, si può iniziare a ricostruirsi, per divenire quell’immagine sognata allo specchio della propria immaginazione.

2.

Il cambiamento, dopo la presa di coscienza della sua urgenza per la propria esistenza, è il compito allo stesso tempo più difficile e forse anche più facile da portare a termine per la propria interiorità. Difficile per i sacrifici a cui la volontà del cambiamento sempre si accompagna, ma facile poiché con la presa di coscienza del bisogno di mutare, si ha un’immagine di sé a cui giungere, fungente da punto di partenza, e di possibile arrivo. Il principio, il primo passo sul proprio personale cammino sulla strada del cambiamento, è il disagio di stare con sé che genera la voglia del variarsi; il resto è una sentiero su cui procedere che sicuramente condurrà sempre da qualche parte anche se spesso di esso non se ne vede la fine immediata, perché nascosta oltre l’orizzonte, occultata dal proprio presente.

3.

Con la voglia del cambiamento si generano e si susseguono in un’interiorità una moltitudine di pensieri, sensazioni ed emozioni, fluenti, tutte in maniera caotica e disperata verso un punto di fuga per tutte unico; il desiderio che il futuro si faccia all’istante presente. Tutto nella mente preme per conoscere il cosa di sé sarà alla fine del proprio cammino. L’unica azione in questo frangente consigliabile, l’unica cosa da fare è seguire ed assecondare il loro corso, ma non lasciandosi trascinare da esse come chi sia in procinto di affogare in un torrente in piena, ma comportandosi come un osservatore al sicuro sito, seduto su una insicura zattera fatta della propria volontà di cambiamento. Una zattera immersa e sballottata in tal fiume impetuoso, un punto da cui poter sempre scrutare, comprenderne la direzione, il corso e le insidie del proprio percorso. Bisogna imparare a stare in piedi su questa zattera in balia dei suoi flutti ma mai senza un minimo controllo su di sé, per vedere dove il fiume porti se a un calmo mare o ad una fragorosa cascata.

4.

Superata l’eccitazione, lo stupore per la presa di coscienza della realtà della propria esistenza; compiuto il primo passo aspetta davanti a noi, per essere fino in fondo percorso, il cammino sulla strada del cambiamento. Strada impervia e dura fatta di sacrificio,tormento,solitudine,paura fin quasi sulla soglia delle porte della pazzia; pazzia perché nulla più si riconosce di ciò che fino allora si credeva e pensava; nulla si riconoscerà di sé quando tale processo avrà avuto corso. Ma ogni sacrificio compiuto sul proprio personale cammino sulla strada del cambiamento non è mai vano, in ricompensa si ottiene sempre e comunque un nuovo uomo assieme ad una diversa visione del mondo, anch’esso quasi riscoperto, diverso, più vivo; entrambi non sempre e comunque migliori o peggiori di ciò che li precedeva ma più veri, trasparenti, senza più ombre, non distorti da una cattiva coscienza oscura di tutto.

5.

Lungo il duro e impervio cammino sulla strada del cambiamento due forze possono essere compagne: l’amore o la rabbia, ma mai con l’esclusione di una a favore dell’altra ma sempre tramite la presenza dell’una a complemento dell’altra, in un tutto vicendevolmente inscindibile. La rabbia nasce perché l’interiorità si risveglia dal suo torpore e quasi si odia per essersi su sé stessa così a lungo ingannata, perché amava qualcosa di non vero. L’amore di sé, dell’immagine che sulla propria interiorità si vorrebbe all’istante  riversata, a sua volta fa spazio alla rabbia per un qualcosa che sembra troppo distante nel tempo e forse impossibile da raggiungere mai. Nel riconoscimento della necessità di un cambiamento nella propria interiorità si prova rabbia, perché si amava un qualcosa di falsato e si sente amore per ciò che di sé forse sarà, ma che non essendo ancora certo, porta solo alla rabbia verso sé, alla frustrazione della propria interiorità, della propria presente realtà esistenziale.