La Felicità – Parte 2

la felicità parte 2

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L’altra faccia della felicità, la maschera sotto cui si cela, è quella del sacrificio, della fatica che bisogna compiere per ottenerla e mantenerla; ma la natura di questa fatica fa sì che lo sforzo non lasci senza energie, spossati nella mente e nel corpo al suo compimento, ma con il successo, la vittoria, rigeneri, ridoni a un’interiorità tutto ciò che aveva speso nel mettersi alla prova nella sfida con l’aggiunta della soddisfazione, dell’appagamento per lo stato di armonia partecipata con sé e con tutti raggiunta che caratterizza la felicità. La felicità è un’alta vetta da scalare con fatica e sforzo, ma che in cima tutto rende oblio nella bellezza del panorama dalla sua altezza mirato.

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La felicità oltre che essere un compito, un progetto, una fatica sempre personale, che non può mai essere scaricata sulle spalle di un altro, è soggettiva anche per la maniera e per il modo in cui ciascuno può raggiungerla, intenderla e per il posto dove cercarla e trovarla. Se ogni essere esistente è diverso nella sua singolarità ed unicità e pur da sé diverso nel corso del proprio cammino sulla strada del cambiamento anche la tipologia di felicità, gli obbiettivi, i campi in cui il suo raggiungimento può essere scrutato e scovato saranno per ognuno variegati e molteplici a seconda del momento dell’esistenza in cui si trova. Se per tutti l’essenza della felicità è armonia partecipata con sé e con il tutto, è diritto di ognuno il cercarla dove, come e quando voglia.

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La ricerca e la conquista della felicità sul cammino sulla strada del cambiamento non sono garantite da nulla per quanto riguarda il modo della loro conclusione, il loro essere portate fino in fondo in modo positivo. La felicità è un qualcosa che bisogna provare ad ottenere, ma che non sempre e da tutti può essere abbracciata; spesso è un possesso di ciò che si bramava solo parziale, altre volte invece l’esito della ricerca è la sconfitta e l’insuccesso, ma senza il provare ad agguantarla non potrà certo mai essere incontrata. Nella ricerca della felicità molte volte, il provare, il cimentarsi nell’impresa è più importante della vittoria nella riuscita, poiché solo provando si toglie al dubbio sulle possibilità dell’esistenza la propria realtà. La felicità è una conquista possibile solo ad una interiorità che dica sempre e in ogni caso all’esistenza “Io ci Provo!”.

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Se da un insuccesso volto al raggiungimento della felicità sul cammino sulla strada del cambiamento può nascere in un soggetto frustrazione, rabbia, paura di non essere all’altezza dei propri desideri, nascono cioè sentimenti negativi che portano alla paralisi dell’azione dell’interiorità all’esterno, che vanno e devono essere superati per dovere del rispetto di non lasciarsi mai da nulla abbattere e sconfiggere; dal non cimentarsi nell’esistenza, nasce la malattia peggiore dell’interiorità: l’angoscia della possibilità, di ciò che forse poteva essere e non è o sarà mai. Il dubbio sul possibile dell’essere, dell’esistenza, proietta un’interiorità nel reame dell’ “ E se?” pregno di autocommiserazione e paralisi che frammenta e rende impossibile compiere ogni azione e apprezzarla nella sua riuscita.

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Se l’insuccesso, il fallimento nel conseguimento di un obbiettivo che ci si era prefissi di raggiungere sembra allontanare la felicità, l’angoscia per il possibile dell’esistenza è quanto di più lontano vi sia da essa, impedendo ad un’interiorità di provare armonia, tanto si ritrova vinta dalla paura per quello che sarebbe potuto e potrebbe essere, ma che non è o sarà mai. L’angoscia per la possibilità insita nell’esistenza fa nascere la paura nell’interiorità, rende un’esistenza nemica di tutto e tutti poiché il mondo diviene ciò che minaccia la felicità, ciò che reca con la sua mutevolezza e imprevedibilità  la fonte di ogni possibile mancanza di essa. In un’interiorità non pacificata ed equilibrata il posto occupato dall’angoscia del possibile, dalla paura dell’ “E se?”, rende impossibile che vi si trovi uno spazio per la felicità che è amore per l’attimo, per “l’ora”.